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La storia

Lo strano (ma fruttuoso) rapporto fra un pesce del nord Europa ed il Veneto comincia nel 1431, quando il mercante veneziano Piero Querini parte per una missione commerciale fuori dal Mediterraneo. Dopo aver subito un nubifragio, insieme a pochi superstiti approdò in un’isola deserta a nord della Norvegia, fino ad essere salvato pochi giorni dopo dagli abitanti di un’isola vicina. Fu qui che scoprì il modo particolare dei locali di conservare il merluzzo:
pulito, salato e seccato all’aria per mesi. In questo modo, il pesce diventava estremamente rigido. Nella lingua locale, il termine per definire il cibo così prodotto veniva chiamato “Stockfiss”, da cui ovviamente deriva il nostro termine “stoccafisso”.
Le caratteristiche principali di questo piatto ne fecero la sua fortuna in terra veneta: popolare e conservabile, di larga resa e costo contenuto. Il resto, è storia: le diverse declinazioni nel nostro territorio ne hanno fatto una prelibatezza gourmet. Mantecato, alla vicentina, alla veneta: buono in qualunque versione, il “bacalà” è un piatto irrinunciabile della cucina veneta.

Ma allora… Stoccafisso o baccalà?

Il termine “stoccafisso” deriva dall’olandese stokvisch (stock = bastone e visch = pesce), ovvero pesce essiccato sul bastone.
Più incerta è invece l’origine del termine “baccalà”: probabilmente deriva dallo spagnolo bacalao, o dall’antico olandese kabeljauw, oppure dal latino baculus, cioè bastone. Insomma l’origine del termine resta misteriosa

Comunque decidiate di chiamarlo, lo trovate da Ittica Center!